Tra gli scritti di Leonardo da Vinci solo quelli relativi alla pittura sfuggirono al singolare destino di venire ignorati nei secoli successivi, grazie ad una compilazione, intitolata "Trattato della pittura", pubblicata per la prima volta a Parigi nel 1651. La cultura europea dell'età moderna conobbe solo i testi vinciani contenuti nel "Trattato", che a sua volta era la versione abbreviata dell'originario "Libro di Pittura", compilato dall'allievo di Leonardo, Francesco Melzi, nel codice Vaticano Urbinate Latino 1270. Il Melzi aveva probabilmente seguito un progetto dello stesso Leonardo, trascrivendo i testi in sezioni tematiche che affrontavano non solo la pratica della pittura, ma anche problemi più vasti di rilevanza scientifica ed epistemologica: il confronto tra le arti e le discipline; la definizione della pittura come 'scientia' e il suo primato sulle altre forme di conoscenza; l'analisi dei fondamenti matematici del reale; lo studio dell'ottica, della prospettiva, dei lumi e delle ombre. Il codice non è autografo di Leonardo, ma presenta in gran parte testi provenienti da manoscritti ormai perduti; di più, la fedeltà dimostrata dal Melzi nella trascrizione conserva tutti i caratteri della lingua di Leonardo, impegnato a creare una forma di espressione nuova, esatta, precisa, immediata. Il "Libro di pittura", in definitiva, non è tanto una raccolta di precetti per il pittore, ma piuttosto uno straordinario documento dell'analisi penetrante compiuta da Leonardo da Vinci dell'articolato complesso delle problematiche scientifiche dell'arte. La collocazione di quest'opera nella "Biblioteca della Scienza Italiana" è dunque pienamente giustificata.