Nata («insieme con la guerra») e cresciuta nella Germania hitleriana, Ursula Rutter Barzaghi ha trascorso i primissimi anni di vita relativamente al sicuro, tra le mura della caserma di Lubln, in Lorena, protetta dagli eventi esterni ma non dalla cintura del padre, ex poliziotto violento e dedito al bere, rapidamente inseritosi nelle file dei nazisti. Il precipitare della situazione, e la fine del conflitto, l'hanno gettata poi, insieme alla madre, alla sorella e al fratello e a milioni di altri tedeschi, nella realtà di un Paese devastato, ridotto alla miseria e che si svegliava dall'incubo peggiore della sua storia. Il padre, nel frattempo, era scomparso «al fronte russo...», lasciando un ricordo così doloroso e ingombrante da cancellare persino l'immagine della sua uniforme, quella delle SS. Con grande onestà, e con grande coraggio, Ursula Rutter Barzaghi ha scavato nella memoria e ha ricostruito la sua storia di bambina e di ragazza, cresciuta come tanti altri suoi coetanei ascoltando storie dell'orrore sui bambini cristiani rapiti dagli ebrei, o sui russi in agguato nei boschi in mezzo ai lupi; ignorando a scuola la tragedia recente e andando poi a giocare in mezzo alle macerie prodotte dai bombardamenti alleati; dedicando molto tempo alla ricerca del cibo e cominciando infine a lavorare. E ponendosi intanto domande sempre più dolorose e pressanti, sollecitate dai ricordi ma destinate a restare a lungo senza risposta, poiché coloro che potevano dire, raccontare, cercare di spiegare ' gli adulti ' erano barricati dietro un muro invalicabile, chiusi «sotto una cappa di silenzi stesa sulle loro colpe»: un abisso tra padri e figli che ha segnato per sempre un'intera generazione.
sono d'accordo con la recensione precedente..l'autrice era troppo piccola all'epoca della guerra per fornire memorie significative, e per quanto riguarda il periodo post-bellico si tocca solo superficialmente l'argomento dell'omertà dei tedeschi riguardo ai crimini di guerra.
Un bambino piange ancora
Anonimo - 18/04/2004 17:01
2/
5
Pensavo, con la lettura di questo libro, di penetrare maggiormente nelle problematiche del periodo post-nazista tedesco. Invece il racconto si snoda sempre un po' superficialmente su quello che vuole essere il nucleo centrale. In fondo il problema del silenzio calato sul periodo delle persecuzioni rimane sempre in lontananza e la figura del padre ( forse ex nazista) non viene delineata se non in modo confuso. In sostanza si parla dei ricordi d'infanzia di una persona le cui vicende si sono intrecciate, ma molto marginalmente (almeno da quanto traspare nel libro) con la grande storia e con uno dei momenti più terrificanti dell'umanità.Daniela C.
michele - 26/03/2005 15:15
Anonimo - 18/04/2004 17:01