Seduto con un cane a fargli compagnia, un bambino morto per caso. Un orfano, niente famiglia, niente amici. Una fossa comune. E invece qualcuno che si chiede perché, e come, e quando. Qualcuno che si mette a scavare in vite piccole, di cui non ci si cura, di cui non si sa niente. Qualcuno che non si rassegna all'urlo che non sente, al lamento che non riesce a trovare. Fino al giorno dei morti.
Il giorno dei morti. L'autunno del commissario Ricciardi
paoletta310 - 11/10/2013 11:33
5/
5
"Il giorno dei morti. Lautunno del commissario Ricciardi" è il capitolo conclusivo del "ciclo delle stagioni".
È lepisodio in cui più il commissario si trova a fare i conti con se stesso. Sarà, forse, per il giorno in cui la verità viene a galla: il giorno dei morti, appunto, quando i vivi si ricordano e savvicinano a chi non cè più; tutti sono Ricciardi il 2 novembre. Forse, sarà perché in questo romanzo, così legato alla morte fin dal titolo, il "dono" di Ricciardi tace; il commissario si vede costretto a comunicare con i vivi (più e meno umani), cosa che non gli riesce facilissima. Ultima ipotesi, non è mai ben chiaro se il giorno dei morti sia occasione di gioia agrodolce, sospesa tra ricordi e parenti, o dolorosa malinconia. Così Ricciardi si ritrova sospeso tra la vellutata tentazione di Livia Lucani, vedova Vezzi, e la delicata dedizione di Enrica.
A fare da grandiosa e sgangherata scenografia alla vicenda è Napoli, città di invisibili e disperati. È la storia di uninfanzia perduta, di un amore tragico. Lintreccio è potente, perfetto. Due personaggi vivono la storia: un vivo che vede i morti, Ricciardi, un morto che nel ricordo strazia i vivi, Tetè. Le loro voci si chiamano, si cercano tra le parole del libro; le loro vite sintrecciano fino al finale sconvolgente. Tutto il resto è silenzio.
E' una lettura bellissima: un pugno allo stomaco, forse tra i libri di De Giovanni è il romanzo delle lacrime, ma è così ben scritto da risultare un piacere per la lettrice che cè in me. Cè una frase del libro che mi perseguita:
"Amore, amore mio, che peccato".
Ho capito perché: è un endecasillabo. Per noi italiani "il verso del cuore".
paoletta310 - 11/10/2013 11:33