Lo sviluppo della televisione commerciale in Italia è un fenomeno unico nel mondo industrializzato, per le sue dimensioni e per le trasformazioni che ha indotto: non lo si può riassumere nel personaggio Berlusconi, anche se questi ne rappresenta, nel benessere e nel male, il simbolo. E' un tema che ha diviso l'opinione pubblica e il giudizio degli studiosi: la televisione commerciale è stata vista come naturale espressione di una società in mutamento o come un'astuta manovra dei poteri occulti, fucina di una società reazionaria o liberazione dai moralismi politici ed ecclesiali. Il saggio di Ortoleva, frutto di un lavoro avviato nella seconda metà degli anni Ottanta, conduce un'analisi del fenomeno che ne legge acutamente i presupposti e gli esiti politici, andando al di là dei personalismi e delle polemiche immediate. La televisione commerciale si inserisce in un'ondata di trasformazione sociale iniziata all'epoca della crisi petrolifera. Il suo sviluppo ha contribuito a ridefinire l'identità italiana e i tradizionali modelli di aggregazione, e ha diffuso una cultura di massa che è all'origine di una generale insofferenza verso gli intellettuali. Ha portato con sé, dice Ortoleva, un "carnevale a bassa intensità", un clima di festa consumistica forse non particolarmente allegra ma pervasiva e quotidiana: una 'festa' che è destinata a influenzare la mentalità degli italiani più a lungo di quanto possano durare le fortune dei suoi attuali protagonisti.